“Buonanotte, signor Lenin”: la caduta di un impero.

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Mosca. È il 1991 quando il putsch di agosto depone Gorbaciov. Tiziano Terzani si trova sulle rive del fiume Amur al confine tra la Cina e quella che poco prima era l’Unione Sovietica. Il cronista italiano coglie tutta l’importanza del momento storico e, mentre gli osservatori accorrono da ogni dove per raccogliere le dichiarazioni ufficiali degli organi di partito a Mosca e Leningrado, decide di intraprendere un viaggio attraverso le periferie dell’ex impero sovietico.

Mentre nel mondo viene raccontata una rivoluzione nel pieno del suo svolgimento, le realtà attraversate da Terzani sembrano non registrarne che una lontana eco. Nelle steppe siberiane, le stesse che avevano ospitato l’orrore dei gulag, non si radunano folle ad occupare le strade, nessun attacco alle sedi del potere da parte delle famiglie senza radici impiantate a forza dai trasferimenti di intere popolazioni di staliniana memoria. Terzani come di consueto non offre risposte convinte alle sue perplessità, preferendo loro dubbi, ricerca e messa in discussione continua. Certo decenni di totalitarismo, polizia segreta e burocratizzazione hanno paralizzato in uno stato di alienazione dalla storia un’importante parte di popolazione, ma non possono aver fatto tutto da soli e non dappertutto sarà così.

Si sposta quindi, come trascinato dai suoi stessi dubbi, verso Kazakhstan, Uzbekistan, Tagikistan, Turkmenia, Azerbaigian, Georgia, Armenia. E su quel cammino, mentre Eltsin nazionalizza le proprietà del partito, ancora nessuna traccia di gioia rivoluzionaria né di trasformazione epocale. 

Nelle remote città fatte sorgere intorno a fabbriche e statue di Lenin, uomini d’affari stranieri si fiondano a cogliere le opportunità di investimento offerte da quelle economie create per essere fortemente dipendenti e che adesso dovranno pur dipendere da qualcun altro. Nel chiaroscuro tra passato ed una nuova epoca promessa come democratica della quale non si riescono a cogliere indizi, emergono nuove ombre, anzitutto quella del nazionalismo. Qualche funzionario sale sui tetti dei palazzi del potere per sostituire la bandiera rossa con quella del proprio nascente stato, ma all’interno del palazzo resteranno gli stessi a detenere il potere. Le comunità russe acquisiscono la consapevolezza di essere minoranza dopo decenni di dominio culturale. 

Non si presagiscono facili convivenze. I conflitti tra comunità ed etnie diverse tenute insieme dall’Unione Sovietica si riaccendono facendo leva su logiche identitarie antiche, quando non su di un radicalismo islamico in evidente ascesa.

È da un’ideologia sconfitta senza battaglia che Terzani si congeda giunto nella Piazza non più così Rossa, salutando il corpo imbalsamato di Lenin. E, mentre le statue del leader della rivoluzione continuano ad essere abbattute in ogni città, si accommiata dal lettore con l’immagine di un silenzio confuso, intriso di un residuo di religiosità nel quale impareranno ad alzare la voce le ombre lasciate indietro dall’abbattimento di un grande sogno politico.

Rosa Scamardella

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